Farro

Il cereale più antico 

Il farro è il cereale più antico mai coltivato, nonché conosciuto dall’uomo già all’epoca del Neolitico. Pertanto è considerato l’antenato del frumento e rispetto al grano non ha subito miglioramenti genetici nel corso dei secoli, restando lo stesso consumato dai nostri antenati.

Nel corso dei secoli la sua coltivazione è stata sacrificata a vantaggio di grano tenero e duro, ma di recente è stato riscoperto e rivalutato (soprattutto nell’ambito dell’agricoltura biologica) e riammesso a pieno titolo nell’alimentazione umana come ingrediente indicato per le diete sane ed equilibrate.

Caratteristiche nutrizionali

Uno dei motivi per cui, nonostante il maggiore costo, il farro è tornato alla ribalta sulla scena dell’alimentazione occidentale, sono le proprietà benefiche connesse alle sue caratteristiche nutrizionali. Il farro è uno dei tipi di frumento meno calorici: 100 g apportano circa 340 kcal; è povero di grassi e ha un basso indice glicemico rispetto alle altre qualità di cereali. Inoltre contiene l’aminoacido essenziale metionina, carente in quasi tutti gli altri cereali. In più apporta buone quantità di fibre (che aumentano il senso di sazietà e aiutano l’intestino a digerire meglio), vitamine A e del gruppo B, sali minerali (come potassio, ferro, magnesio e fosforo) e ha un contenuto proteico superiore alla media dei cereali. 

Tre tipologie di farro

Il farro non è tutto uguale: ne esistono tre tipologie (tre specie del genere Tridicum) accomunate da una stessa caratteristica (in virtù della quale vengono definiti “grani vestiti”): il chicco dopo la trebbiatura rimane rivestito dagli involucri glumeali, perciò prima di utilizzarlo come alimento viene sottoposto a una “svestitura” (decorticazione).

Farro piccolo o monococco (Triticum monococcum)

È il antico cereale mai coltivato, noto in Medio Oriente già nel 75.000 a.C. Per i bassi livelli di concimazione necessari a farlo crescere è particolarmente adatto all’agricoltura biologica. Fra le tre tipologie di farro è quello con la minore percentuale di glutine (3-7%) e quindi anche quello meno adatto alla panificazione e alla produzione di lievitati.

Farro medio o dicocco (Triticum dicoccum)

È la specie più diffusa che in Italia si coltiva sugli Appennini, in Toscana (dove viene coltivato il farro IGP della Garfagnana), Umbria, Marche, Abruzzo, Molise e Lazio. Ottimo sia per preparare zuppe che per piatti freddi, la sua farina viene utilizzata per fare pane, dolci, pizza e focacce. Con la sua semola, si ottiene la pasta. 

Farro grande o spelta (Triticum spelta)

Originario del Caspio e coltivato per la prima volta circa 8.000 anni fa, è il cereale più simile al frumento, ma si tratta di un incrocio tra il farro dicocco e l’Aegilops Squarrosa (una graminacea selvatica). Contiene anch’esso una quantità di glutine molto bassa, ma dal punto di vista della panificazione offre una maggior resa e lavorabilità e dà come risultato un prodotto dal colore scuro e dal sapore forte.Non si adatta particolarmente al clima italiano, pertanto gran parte di quello presente oggi sulle nostre tavole proviene dall’Europa Centrale e Orientale e dalla Francia.

Integrale, decorticato, perlato

Un’ulteriore distinzione va fatta tra il farro integrale, decorticato e perlato:

  • Il farro integrale mantiene tutte le parti del chicco, inclusa la pellicola esterna ricca di fibre e nutrienti ma non adatta al consumo umano.
  • Il fatto decorticato è semplicemente quello “svestito” del suo involucro esterno, e quindi adatto al consumo dei chicchi grezzi in zuppe o minestre.
  • Il farro perlato è il più lavorato, in quanto privato dell’involucro che naturalmente riveste il chicco mediante un processo detto “perlatura” (simile a quella eseguita anche sul riso o nell’orzo), durante il quale la superficie del seme viene graffiata per diventare più chiara e meno fibrosa. Il vantaggio di quest’ultimo tipo di farro è che non ha bisogno di ammollo prima di essere utilizzato), ha un tempo di cottura molto inferiore rispetto a quello decorticato (20-40 minuti rispetto ai più di 60), ma di contro ha un apporto energetico maggiore (perché più concentrato di amido) e tende a innalzare di più l’insulina (cioè il livello di zuccheri nel sangue) ed è quindi inadatto ai diabetici o alle diete dimagranti.

Acquisto e usi in cucina

Tradizionalmente al supermercato possiamo trovare il farro dicocco sia decorticato sia perlato. Mentre quest’ultimo può essere utilizzato direttamente (trattato come un risotto o lessato e poi aggiunto a zuppe, minestre o trasformato in insalate), il secondo deve essere sciacquato sotto acqua corrente per eliminare le eventuali impurità e messo in ammollo almeno 8 ore prima di divenire utilizzabile. 

In commercio si possono trovare anche la farina di farro, adatta alla produzione domestica di pane, focacce, pizza, ma anche torte, muffin, crostate e ciambelle (l’importante è scegliere prestare attenzione a scegliere una farina con una percentuale di glutine idonea al tipo di lievitazione prevista dalla ricetta, oppure mescolare la farina di farro con quella di un altro cereale più “forte”); nonché prodotti da forno già pronti e caratterizzati da un gusto più intenso rispetto a quelli di grano comune.

Cosa abbinare

Un ottimo accompagnamento con il farro sono i legumi, dal momento che questi aiutano l’assimilazione dei nutrienti in esso contenuti, e in particolare delle proteine vegetali.

Inoltre, il farro è più aromatico del grano, ma non tanto da sovrastare i sapori degli altri ingredienti, pertanto si sposa bene con piatti a base di carni, pesci, crostacei e verdure, ma anche con pesti (da quello di basilico a quello di zucchine o simili) e formaggi, dando vita a tante ricette calde o fredde. 

Storia e curiosità

*Il farro è famoso per essere stato alla base dell’alimentazione delle legioni romane, in un epoca in cui veniva utilizzato al posto del grano per preparare pane, focacce (libum) e polente (puls), come dimostra la parola stessa “farina” che deriva proprio da “farro”. 

*L’importanza del farro è testimoniata dal fatto che anticamente presso i Romani, il matrimonio era detto “confarreatio” perché gli sposi mangiavano una focaccina di farro. 

*Nel 1891, nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (considerato il primo libro di ricette e di critica gastronomica), Pellegrino Artusi dichiarava  il farro un cereale “inferiore”, insieme a orzo e miglio. Motivo per il quale per lungo tempo è stato escluso dalla cucina borghese.

 

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